No alla facciata patinata
«L’immagine attira, ma è la coerenza che trattiene» dice Romagna, e la frase sembra già racchiudere la chiave per ripensare davvero l’attrattività aziendale. Le nuove generazioni, spiega, non si lasciano sedurre da frasi ad effetto o promesse vaghe: cercano autenticità. «Per attrarre giovani oggi, non basta mostrare un’immagine patinata su LinkedIn. Serve verità. E serve rispetto: del tempo, della persona, dei suoi valori».
La flessibilità non è svogliatezza
Ma cosa significa «attrattività» per un under 30 che oggi si affaccia al mondo del lavoro? Romagna è netta: «La prima cosa che cercano è equilibrio. Vogliono lavorare, ma vogliono anche vivere. Non è disimpegno, è lucidità. Le aziende devono smettere di leggere la richiesta di flessibilità come svogliatezza. È un bisogno legittimo, legato alla qualità della vita». E in un tempo in cui la cultura dell’equilibrio è spesso etichettata come fragilità, Romagna rilancia un’idea coraggiosa: «Il benessere non è un lusso, è un fattore strategico. Le aziende che non mettono le persone nelle condizioni di stare bene, prima o poi, perdono i talenti. Anche quelli più motivati. Perché se non dai senso, i ragazzi se ne vanno».
Molte testimonianze che raccoglie nel suo lavoro raccontano proprio questa frattura tra immagine e realtà. «Giovani entrati in aziende che promettevano dinamismo, crescita, flessibilità… e poi si ritrovano in contesti ingessati, pieni di burocrazia e controllo. Perdere tempo con promesse non mantenute è il modo più rapido per perdere reputazione».
Sui social troppo autoreferenziali
Anche sui social, canale centrale secondo l’Osservatorio Delta Index per intercettare la Gen Z, molte aziende sono presenti ma non autentiche. «Parlano di sé in modo autoreferenziale, istituzionale, freddo. Non dialogano. E invece i giovani vogliono storie vere, volti veri, contenuti che raccontino la quotidianità del lavoro, anche le difficoltà, non solo i premi ricevuti».
Romagna mette l’accento anche sul valore del feedback nei processi di selezione. «Il silenzio dopo un colloquio è devastante. Ai giovani non interessa solo sapere se sono stati scelti. Vogliono capire cosa migliorare. Un’azienda che dà feedback, anche negativo, dimostra rispetto». E aggiunge: «Siamo abituati a pensare che basti offrire uno stipendio per attrarre. Ma oggi non è più così. I ragazzi si informano, si confrontano, leggono le recensioni su Glassdoor. L’esperienza reale vale più di qualsiasi brochure aziendale».
L’attrattività parte dalla scuola
C’è poi un altro aspetto poco considerato: il rapporto tra scuola e impresa. «Troppe aziende si lamentano della mancanza di candidati adatti, ma non fanno nulla per farsi conoscere durante il percorso scolastico. Collaborare con gli istituti, accogliere studenti, raccontarsi nei contesti educativi: è lì che nasce l’interesse». Anche su questo Delta Index insiste da tempo, con dati e analisi. E Romagna lo conferma: «Quando un ragazzo entra in contatto con un’azienda durante gli studi, quella realtà gli resta impressa. L’attrattività parte da lì, da un ricordo positivo».
Chiarezza sulla retribuzione
Infine, un monito importante: «Attenzione a come si legge la sicurezza di questi giovani. Il fatto che sappiano cosa vogliono non significa che siano arroganti. Anzi, spesso sono solo più consapevoli di ciò che non vogliono. E pretendono chiarezza, anche sui temi tabù come la retribuzione». Secondo Romagna, la nuova normativa sulla trasparenza salariale aiuterà a superare reticenze che non hanno più senso. «I giovani non si scandalizzano a parlare di soldi. Si scandalizzano se non si può parlarne».