Non è facile trovare una «antidoto» per ridare fiducia a chi è disilluso. Se lo scoraggiato è un giovane under 30, il problema non è solo personale ma anche sociale, è una responsabilità che cade sulle spalle dello Stato per il futuro del Paese. Ed è da questa emergenza che nasce l’idea del ministero del Lavoro di rispondere con un linguaggio più vicino ai giovani: un’App che tramite l’intelligenza artificiale li aiuti a orientarsi nel mondo del lavoro.
«La tecnologia, quando è ben progettata e usata con responsabilità – aggiunge il ministro –, può accorciare le distanze, rendere i servizi più semplici e più vicini. Anche perché AppLI non sostituisce il lavoro degli operatori, ma lo rafforza. La versione di AppLI oggi disponibile è da considerarsi un primo passo: il web coach sarà migliorato insieme a chi lo userà. Perché ogni talento merita un’opportunità». Le parole della ministra incrociano l’urgenza fotografata dalla nuova ricerca TEHA presentata al Forum Ambrosetti: il nodo dei Neet (Not in Education, Employment or Training) non è indolenza, ma perdita di fiducia e disallineamento tra competenze e opportunità. Ci sono giovani che non cercano più, convinti che non ci sia posto per loro, ma le aziende possono riaccendere la fiducia dei giovani. Il fenomeno ha un costo stimato di 24,5 miliardi di euro all’anno, pari all’1,23% del Pil.

È da questa urgenza che nasce la ricerca «Educazione, lavoro e futuro del Paese. Affrontare la sfida delle competenze e dei Neet», realizzata da TEHA Club con il contributo della sua Ceo community. «Questa ricerca condivide un obiettivo comune: offrire a chi guida le aziende nuovi spunti di riflessione e idee innovative per comprendere meglio la realtà che ci circonda», spiega Paolo Borzatta, board member TEHA Club e project leader della ricerca. Dal report emerge un quadro chiaro: il sistema educativo italiano è in sofferenza, con un livello di investimento pari al 4% del Pil, inferiore alla media Ue del 4,8%, un gap significativo in termini di accesso e performance. Gli asili nido coprono appena il 30% dei bambini rispetto al 35,5% della media europea, le scuole secondarie di primo grado mostrano fragilità strutturali e forti disomogeneità territoriali, e solo il 21% dei giovani si laurea, contro una media Ue del 35%. Le università italiane restano poco attrattive per gli studenti stranieri e poco internazionalizzate, e la formazione continua degli adulti è limitata: solo un adulto su tre continua a formarsi dopo la laurea, contro due su tre nella media europea. Le differenze si riflettono nelle competenze di base: i test Pisa (Programme for International Student Assessment) mostrano performance inferiori alla media Ocse in matematica e lettura. Questi limiti hanno un impatto diretto sul mondo del lavoro.

L’Italia è ancora il secondo Paese Ue per incidenza di Neet, con il 15,2% dei giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano e non sono in formazione. Tuttavia, quasi due terzi di questi giovani vorrebbero lavorare. Il fenomeno è prevalentemente femminile, concentrato nel Mezzogiorno e coinvolge in gran parte giovani con diploma. L’analisi individua tre grandi gruppi: «Chi non lavora ma cerca opportunità, chi non lavora e non cerca per cause esterne, come problemi familiari o contesti territoriali difficili, e la fascia degli smarriti, circa 453.000 persone che hanno perso fiducia e motivazione», illustra la ricercatrice Carlotta Molteni.
Il ministro Marina Calderone: «L’intelligenza artificiale a servizio dei giovani. Ogni talento merita un’opportunità»
Sono gli scoraggiati, giovani fuori dal mercato del lavoro da mesi o anni, bloccati dalla paura della precarietà e dall’incertezza. «È possibile disaggregare ulteriormente il fenomeno dei Neet, individuando delle sottocategorie di appartenenza, di cui tre particolarmente vulnerabili: oltre agli inattivi, gli indisponibili a causa di responsabilità familiari, e i disoccupati di lunga durata, disponibili a iniziare entro 2 settimane e disoccupati da oltre 1 anno», sottolinea Molteni. Si tratta di soggetti ad alto rischio di esclusione sociale perché il disimpegno a lungo termine ne danneggia l’occupabilità. Le leve del cambiamento emergono chiare. La prima è il lavoro: serve orientare l’offerta verso chi ha perso fiducia, affrontando il paradosso del mismatch tra domanda e offerta. Molte aziende non riescono a trovare personale adatto anche in territori con alta disoccupazione, mentre alcune persone sono troppo qualificate per certi ruoli. È necessario un lavoro mirato di orientamento, reclutamento e accompagnamento. La seconda leva, forse la più decisiva, è la formazione. Bisogna ripensarla dall’infanzia fino ai diciotto anni, con l’orientamento come parte integrante del percorso scolastico, e con figure professionali capaci di aiutare i giovani a comprendere chi sono, cosa vogliono e quali strade percorrere. Solo così sarà possibile agire anche sui Neet più fragili. «Gli effetti si vedranno nel lungo periodo, ma è indispensabile cominciare subito», sottolinea Borzatta. L’adozione delle proposte TEHA avrebbe impatti straordinari. Ridurre i Neet inattivi allineandosi agli standard europei potrebbe abbattere i costi di 60% al 2040.
Il capo Dipartimento Paolo Caridi:
«Un coach virtuale per tutti, allena per l’occupazione»
Si chiama AppLI, acronimo di «Assistente personale per il lavoro in Italia», e dal 15 settembre è disponibile su tutto il territorio nazionale. È un web coach intelligente pensato per accompagnare i giovani tra i 18 e i 34 anni nella ricerca di un percorso di formazione o di lavoro. La piattaforma utilizza intelligenza artificiale generativa multi-agente per dialogare con gli utenti, ascoltare aspirazioni e bisogni, e proporre percorsi personalizzati di orientamento, formazione e impiego, basandosi su dati pubblici certificati e aggiornati. È un vero e proprio coach virtuale: non sostituisce le scelte, ma le chiarisce e le collega a opportunità concrete sul territorio.

«AppLI nasce per dare una risposta operativa a tre nodi cruciali – spiega Vincenzo Caridi, capo Dipartimento per le politiche del lavoro, previdenziali, assicurative e per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro –: il disorientamento, il mismatch tra competenze e richieste del mercato e, soprattutto, il peso dei Neet». Dopo tre fasi di sperimentazione, una delle quali ha coinvolto sei Regioni e oltre 2.000 utenti, AppLI debutta ora su scala nazionale. «La priorità, nel breve termine, è portare più giovani possibile a provarlo. Puntiamo a coinvolgere 120mila under 35 entro la fine del 2025, continuando a garantire piena tutela dei dati e un miglioramento continuo del servizio». I risultati delle sperimentazioni sono incoraggianti: il 90% degli utenti ha espresso valutazioni positive, con oltre 700 curriculum creati, 400 simulazioni di colloquio e quasi mille percorsi di orientamento completati. Il sistema non è pensato solo per i giovani: anche i Centri per l’Impiego possono utilizzarlo. AppLI integra infatti dati territoriali, corsi, bandi e opportunità coerenti con il profilo e la residenza dell’utente, garantendo pari accesso a Nord e Sud. «Un ragazzo di Ragusa e uno di Bolzano hanno oggi le stesse possibilità – conclude Caridi –. Possono conoscere le professioni più richieste, le competenze necessarie e i percorsi per ottenerle. È una piattaforma che restituisce libertà di scelta, non vincoli».